Bethlehem , Uganda – Ho incontrato (ancora) la speranza

Bethlehem , Uganda – Ho incontrato (ancora) la speranza

Agosto 2019, Bethlehem (Uganda). Era circa l’ora del tramonto quando, salutando Angel, Olivia, Desire, Amos e tanti altri bambini della scuola primaria S. Gabriel, promisi loro che ci saremmo rivisti l’anno successivo. Purtroppo nessuno di noi poteva immaginare che a da lì a pochi giorni il mondo sarebbe stato chiuso a causa della pandemia. In questo tempo, che per quei bambini sono stati due lunghissimi anni senza alcun contatto con la scuola, il pensiero è tornato spesso a loro, ai loro insegnanti ma anche agli anziani e alla povera gente che avevo conosciuto nei villaggi più sperduti.

Aprile 2022, Alfianello (Italia). Sabato Santo. Al rientro da un giro in bicicletta ricevo un messaggio di Padre Cosmas: “Marco, il denaro che ci hai aiutato a ricevere si è trasformato in tre nuove bellissime classi. Tra qualche giorno le inaugureremo!”. È stato in quell’attimo che ho rivisto gli occhi di tutta quella gente ed ho deciso di tornare.

 

Luglio 2022, Bethlehem (Uganda). Bethlehem, il villaggio della polvere e della gioia. Tre ore a sud dell’ Equatore, vicino al grande Lago Vitoria. Una grande strada di terra rossa, una manciata di case, un campetto da calcio con due porte improvvisate, una mucca legata ad un albero e là sulla collinetta la scuola, la chiesa e la casa delle Madri Canossiane. Insieme a me altri due volontari, Emanuele e Paolo. In un momento i miei occhi hanno visto nuovamente cosa può costruire la bontà delle persone.

Grazie ad ogni piccola offerta raccolta in questi anni, la scuola, che nel 2013 contava 380 studenti, oggi ne conta 1.037. 650 bambini in più che possono studiare, leggere ed imparare a contare, in un paese dove il diritto allo studio non è ancora garantito. 650 bambini in più che hanno ogni giorno un piccolo pasto caldo. 650 bambini in più che saranno uomini e donne consapevoli, capaci di comprendere il mondo e di guardare al futuro con speranza.

E poi nuove aule, nuovi insegnanti, nuovi insediamenti giù nel villaggio.

Ma, più di tutto, nuove vite. Sì, nuove vite. Perché grazie alle adozioni scolastiche che negli scorsi anni sono state attivate, oggi quei “bambini e giovani” sono diventati storie.

Vissuti che hanno potuto svoltare, partire, rinascere.

Sono diventati volti, vite. Così Brenda, orfana e destinata al nulla, senza alcun auto familiare, grazie al piccolo sostegno di tante persone è oggi un tecnico di laboratorio: analizza il sangue dei suoi pazienti perché “anche io voglio salvare le vite, come voi l’avete salvata me”.

E Roger, bambino volenteroso che avrebbe dovuto abbandonare la scuola a causa della povertà, oggi è un docente: ai suoi alunni (la sua classe conta 112 bambini) insegna studi sociali ed ogni giorno li sprona a credere nel futuro e nella bontà della gente. “Devo ad ognuno di voi quel che sono oggi”, mi dice prendendomi sottobraccio.

E Winnie, che a dodici anni ha dovuto lasciare gli studi per prendersi cura della madre paralizzata e del piccolo fratellino, oggi è una delle insegnanti dei 300 bimbi dai 3 ai 5 anni che la scuola primaria S. Gabriel accoglie: a loro insegna a gioire, a saltare, a cantare e a rispettare gli altri. “Non sarei qui, senza di voi”, continua : ripetermi. Per ringraziarci ci ha portato a casa dell’ anziana madre inferma. Ella ci ha abbracciato, aggrappandosi a noi: “Siete stati la salvezza di mia figlia”.

Agosto 2022, Alfianello (Italia). Sono rientrato a casa, in questa estate rovente. Ache quest’anno, nonostante dieci anni di esperienze di missione, mi sento frastornato. La testa continua a pensare.

Penso spesso allo scorrere del tempo. Penso che in questa vita sono stato estremamente fortunato e spero di essere riuscito, col mio poco, a restituire parte di questa immensa fortuna almeno a coloro ho incontrato sul mio cammino. Mi sento in difetto perché quell’ infinità di occhi e di braccia che nelle scorse settimane mi ha ringraziato tanto, in realtà non ha potuto vedere i volti di tutte le persone che in questi anni sono passati a prendere un panettone o un uovo di Pasqua, ci hanno aiutato a realizzare una cena o Si sono fermati lasciare un giocattolo o una maglietta. “Sono loro le persone da ringraziare”, ripetevo spesso a Bethlehem. Credo che Dio mi abbia dato tanto e che tanto mi chiederà in cambio alla fine dei miei giorni. Sento un senso profondo di gratitudine di pace, ma anche una sensazione che è qualcosa di simile all’attesa. Penso che da solo non sono che un nulla e che solo insieme agli altri è possible fare la differenza. Penso che ogni volta che sono stato in grado di guardare al di là di me stesso, ho trovato la felicità piena. Ricordo i giorni appena trascorsi e penso che ancora una volta il destino mi abbia benedetto, perché mi ha permesso di trovami faccia a faccia con la speranza.

Un bambino povero che nonostante le difficoltà siede a scuola: lì ho incontrato la speranza.

Una donna ammalata prende tra le mani il mio volto: lì ho incontrato la speranza.

Una madre che zappa la terra con il suo bimbo sulla schiena: ì ho incontrato la speranza.

Mi ero fatto la promessa che sarebbe stata l’ultima volta che sarei tornato là, nel villaggio della polvere e della gioia.

Ma poi penso di quanto poco ci sia bisogno per salvar altre vite. E allora credo che mi lascerò di nuovo condurre da quell’ Amore che finora mi ha guidato e che, senza alcun dubbio, ne sa decisamente più di me.